Pre-ascolto di Milano – recensione #2

Seconda recensione del pre-ascolto in arrivo. Oggi vi dico la mia.
Fare una recensione obiettiva, da fan, ammetto che è molto difficile. Ammetto di essere partita parecchio confusa specie dopo le critiche negative sul singolo lette in giro, dalle tante affermazioni della band che inneggiava a riferimenti a troppe band di generi più disparati. Insomma, non sapevo che aspettarmi e tutte le varie dichiarazioni discordanti mi avevano parecchio confusa.  Ecco, prendete tutte le cose dette fin’ora in quanto a citazioni, ispirazioni etc e buttatele via. Certo non aspettatevi un altro Nightmare, ma le cinque canzoni sentite non sono certo così distanti dal classico stile Sevenfold. Io Black Sabbath, Led Zeppelin etc, non ce li risento proprio.
Sheperd Of Fire, la canzone di apertura del cd, è la classica canzone che consiglierei alla persona che vuol iniziare a dare un ascolto alla band. E’ un po’ la Critical Acclaim del nuovo cd, un inizio potente per dare un impatto forte subito dall’inizio. La batteria mi ha un po’ ricordato quella della sempre storica Unholy Confessions e il lavoro di Arin dietro quelle pelli è definibile con un bel “kickass” anche da una che quando ha da commentare i successori di Jimmy è sempre stoica. Il riff di chitarra è molto accattivante e il relativo assolo di Gates non deluderà certo i suoi estimatori. Una cosa divertente che mi ha fatta ridere pure la però ve la confesso: una parte di batteria ricorda tantissimo il finale della sigla di Baywatch.
Hail to the King ammetto che sentirla in un cd ha tutt’altro effetto. Vero, non è la canzone migliore dei Sevenfold ma neanche è da buttare. Influenze tipiche dei Maiden ma dopo la carica della prima canzone ci può stare, gasa molto anche se ve lo dico sinceramente.. sono arrivata a chiedermi che ci sta a fare li in mezzo. Sembra quasi slegata dal resto delle canzoni, nulla a che vedere col sound della precedente e della successiva. E pure delle canzoni successive che abbiamo ascoltato. Un po’ la canzone random del cd piazzata li, decisamente l’elemento a mio parere discordante col resto.
Doing Time: canzone dal sound abbastanza “diverso”, tendenze stile City Of Evil con chiari riferimenti ai classici Guns’n’Roses volendo o anche ai Velvet Revolver. Affatto male per essere un esempio di “canzone fuori dai soliti schemi”. Forse è la canzone più “ritmata” in cui ho apprezzato molto il giro di basso/chitarra che rimane impresso nella mente. Anche l’assolo qua ha qualcosa di diverso, dimostrazione di quanto versatile possa essere Gates. L’inizio va detto, parte con una frase ed un urlo molto in stile Bat Country anche se poi, della medesima canzone, ha ben poco.
C’è poi This Means War. Già dall’inizio si riconosce che è la canzone del primissimo trailer uscito sul sito della band. Il riff che si sentiva nell’anteprima è quello che caratterizza tutta la canzone. Questa è la TIPICA canzone targata Avenged Sevenfold. Riff semplice che rimane in testa, batteria non troppo particolare ma che nella sua semplicità si adatta benissimo al resto degli strumenti. La parte finale e l’assolo richiamano chiaramente ai Pantera. Canzone che dal vivo farà venire giù i palazzetti, guai a loro se non la includono.
Requiem. Non credo di trovare le parole adatte per descriverla. Quella sorta di canto gregoriano in latino apre e accompagna in vari punti la canzone. Come già annunciato, è quella cosa epica del tease#13. Molto “strana”, cupa, apocalittica, quasi malata dal suono che ha. Mi ha conquistata, lo ammetto. Sarebbe quasi la colonna sonora perfetta per quei film sulle stragi di massa o per il trailer di un film horror. Un po’ ripetitiva e lentina, ma anche soltanto il modo di cantare quasi “solenne” e imperativo di Matt.. meritano. Qualcosa di veramente diverso dai precedenti da rimanere dannatamente impresso. Avete presente quelle cantilene/melodie dei carillon? Quelle che a distanza di anni vi suonano in testa? Ecco la melodia di Requiem non si allontana da quello, mi è rimasta stampata in testa per ore. E per la gioia di tanti fans: c’è un bell’assolo che ricordo anche molto lungo.
In conclusione: Hail to the King, per me che ero la prima scettica vista anche l’assenza in fase di composizione e della creatività di Jimmy e il terrore che fosse un cd con roba presa e rielaborata, si prospetta un buon cd. Certo, se avete nel cuore una pietra miliare come Waking the Fallen non sono sicura che questo ve lo scanserà dalla top, ma insomma non è nulla di tremendo come si aspettavano le persone. Le canzoni magari hanno alcune parti molto ripetitive ma se un riff è buono, che tu me lo ripeta una volta o tu me lo ripeta 100, il suo dovere lo fa.
A tutti quelli che hanno avuto da criticare Arin solo perchè nella canzone omonima che da il titolo al cd non da il massimo alla batteria posso dire sincera “sentitevi il resto e trovate il coraggio di dire che il ragazzo non sa fare il suo mestiere”.   E pure a chi diceva che ormai, Matt era “finito” perchè “la sua voce era andata”: sentitevi sto cd, dove non ha esagerato o strafatto con urla e cose stile god hates us! Ha fatto quello che la sua voce e la sua gola gli consentono di fare nel modo migliore. Niente esagerazioni con un risultato pulito, semplice ma impeccabile.
Hail to the king è un cd con un sound più particolare, con chiare contaminazioni in stile Guns, Pantera e Metallica, ma rimane sulla linea “evolutiva” musicale che hanno preso negli anni. Un paio di ascolti sono d’obbligo prima di sputar sentenze, ma anche solo dopo il primo giro tutti noi presenti eravamo sinceramente fieri e soddisfatti del lavoro. Questa band va sempre avanti senza mai guardarsi troppo indietro. Date una possibilità al cd perchè son sicura che non vi dispiacerà.
giada

1 thought on “Pre-ascolto di Milano – recensione #2”

  1. “E pure a chi diceva che ormai, Matt era “finito” perchè “la sua voce era andata”: sentitevi sto cd, dove non ha esagerato o strafatto con urla e cose stile god hates us!”
    Sacrosante parole.

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